Siederà sul trono della sua gloria e separerà gli uni dagli altri.
PRIMA LETTURA: Ez 34,11-12.15-17
Voi siete mio gregge, io giudicherò tra pecora e pecora.
SALMO: (Sal 22)
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
SECONDA LETTURA: 1Cor 15,20-26.2
Consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti.
Si parlava nelle Domeniche precedenti del Regno di Dio come di una realtà gioiosa e costitutiva di un dono gratuito che va accolto con gioia e riconoscenza ma che comporta anche la nostra cooperazione e il nostro impegno nella vigilanza operosa. Il Regno è infatti già presente, che ha portato Gesù Figlio di Dio e ha preso forma nelle sue parole, nei suoi insegnamenti e nelle sue opere. Tuttavia è una realtà che si compirà definitivamente in avvenire, quando il Signore tornerà nella gloria a retribuire ciascuno secondo le sue azioni. Una realtà presente dunque, ma in continuo e progressivo costituirsi anche con la nostra collaborazione creativa e volenterosa.
Il re infatti ha dato a ciascuno carismi e qualità da sfruttare, doni da ricevere e da condividere con altri, prerogative esaltanti da comunicare e moltiplicare come i talenti di cui alla parabola della scorsa settimana, che sta a noi mettere a frutto per ricevere la ricompensa di partecipare “alla gioia del re padrone” (Mt 25, 21. 23), oppure per autoescluderci da questa gioia procurandoci la triste condanna definitiva per la vita presente e per l’eternità.
Quali sono le opere che realizzano il Regno di Dio e che meritano il premio della partecipazione alla Signoria e alla gloria medesima del Signore? In che cosa consiste il Regno di Dio?
Le azioni stesse di Gesù ce lo attestano con dovizia di particolari: sono le opere di misericordia, di giustizia, di pace e di amore; le opere che manifestino la gioia di appartenere a un mondo rinnovato dalla venuta del Signore, che estinguano ogni dubbio agli altri che noi stessi siamo stati raggiunti da una gloria indicibile che non è di questo mondo, ma che in questo mondo è entrata per recare a tutti la verità tanto sospirata che è verità nella carità.
Il Regno di Dio è descritto negli insegnamenti odierni di Gesù, troppo concreti e lapidari per essere percepiti in senso ambiguo: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, visitare gli ammalati e i carcerati. A queste opere di misericordia possiamo aggiungerne altre a carattere spirituale come insegnare agli ignoranti, consigliare i dubbiosi, confortare, sopportare con pazienza i molesti…. Tutti elementi di concreta pedagogia attuativa del Cristo, che non lasciano spazio alle digressioni sottili del raziocinio e che non ammettono eccezioni o deroghe: fatta salva la prudenza e la circospezione con tutti, esse vanno messe inesorabilmente in atto. Assieme alla promozione della giustizia, della solidarietà, al perseguimento della pace, alla mitezza e alla povertà di spirito esse costituiscono gli elementi fondanti del Regno di Dio come realtà vera e indiscussa e tutti i carismi e le qualità personali vertono in definitiva a che esse si realizzino e lascino il marchio indelebile.
Tutto questo si spiega dal fatto che Gesù Cristo, che assieme al Padre e allo Spirito Santo è Dio fin dall’eternità, sebbene sia il padrone indomito e assoluto della storia e della realtà creaturale e sebbene sia al centro della creazione, dei secoli e del tempo, nonché principio e fine di tutte le cose (Col 1, 18; Ap 22, 13), non ama spadroneggiare sulle opere da lui create ed è ben lungi dall’esercizio di un potere assoluto e coercitivo che si imponga sugli uomini e sulla creazione medesima. Al contrario è colui che pur essendo maestro sta in mezzo a tutti come colui che serve e anzi proprio su questo fonda la sua pedagogia di regalità: “I re delle nazioni le governano e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così, ma chi è il più grande fra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve.”(Lc 22, 26 – 27). Una concezione che definiremmo inaudita al giorno d’oggi perché rivoluziona anche il concetto stesso di autorità, identificando questa nel servizio e nell’abnegazione piuttosto che nell’egemonia e nell’imperialismo e trovando nell’umiltà la prima delle condizioni un adeguato rapporto con il popolo e con la massa. Il più grande è responsabile di tutti gli altri, detiene un ruolo delicato che lo porta a rendere conto di ogni persona e di ogni situazione e la sua posizione comporta un particolare ruolo di vicinanza verso chi è “piccolo”. Colui che governa quindi è colui che serve più di tutti gli altri.
Già Ezechiele (I lettura) profetizza la venuta di un re universale che il popolo tanto attendeva, cioè di un re che non abusi del suo scettro per predominare sulle masse per fini egoistici o presuntuosi, ma piuttosto un pastore sollecito che cerca di pascere con mezzi adeguati le sue pecorelle per condurle a lieti e sani pascoli: un pastore sollecito e benevolo universale che si prende cura di ciascuno degli elementi del gregge, percorrendo egli stesso i medesimi passi delle sue pecorelle.
Gesù Figlio dell’Uomo che è venuto per servire e non per essere servito (Mc 10, 45) rivela di sé stesso il pastore sollecito per il quale ogni singolo capo di bestiame è prezioso, unico e irripetibile. Dimostra egli stesso l’atteggiamento del vero re che si mette al servizio anche della più deprezzabile delle pecorelle, che si piega verso l’umile, il povero e il lebbroso per collocarsi alla loro pari e per soddisfare le loro esigenze morali e materiali, che nella sua disponibilità attenta e donante non fa discriminazione per nessuno e nessuno privilegia se non gli ultimi e gli esclusi. Dalle sue stesse opere di evince così che il suo Regno è una dimensione di amore, di giustizia e di pace, che cerca l’interesse degli altri che prova più gioia nel dare che nel ricevere. Gesù insomma è re in quanto ama e pur avendo l’Universo intero nelle sue mani ci illustra una concezione del regno del tutto differente da quella a cui siamo solitamente abituati. Essa ha il suo apice nell’estremo sacrificio che Gesù fa di sé stesso in riscatto di tutti, contrassegnato dalla sanguinosa corona di spine che esprime l’attendibilità e la vera identità del Regno cioè dell’amore spasimante per tutti noi. Perché è proprio la croce la realtà definitiva della regalità di Cristo, il legno sul quale sfiorisce il re dei Giudei che viene a rendere testimonianza alla verità (Gv 18, 37).
Non è un caso che il concetto di “re” si applica a Gesù quasi esclusivamente a proposito della passione e della crocifissione, quando il suo qualificarsi re dei Giudei è per i suoi avversari motivo di condanna e di schernimento, mentre lui giustifica che il suo regno non è di questo mondo.
Nelle parole stesse di Gesù si riscontra di conseguenza la dimensione del governo ideale e del giusto ed equilibrato sistema politico che deve escludere qualsiasi connotazione di tirannia e di demagogia, scongiurando le ingiustizie e le discriminazioni sociali per procacciare il bene comune e l’interesse di tutti, specialmente dei più deboli e bisognosi e che diventa l’obiettivo perseguibile da ogni nazione.