Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso.
PRIMA LETTURA: Sir 17,1-13 (NV) [gr. 17, 1-15]
Dio formò l’uomo a sua immagine.
SALMO: (Sal 102)
L’amore del Signore è da sempre.
Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso».
E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro».
Mc 10,13-16.
Oggi, i bambini sono notizia. Più che mai, i bambini hanno molto da dire, malgrado che la parola “bambino” significhi “colui che non parla”. Lo vediamo nei mezzi tecnologici: essi sono capaci di farli funzionare, di usarli e, finanche, di insegnare agli adulti il loro uso corretto. Diceva l’autore di un articolo che, «sebbene i bambini non parlano, ciò non vuol dire che non pensino».
Il brano del Vangelo di Marco ci esorta a riflettere sulla natura del Regno di Dio e su come dobbiamo accoglierlo. Gesù, vedendo i discepoli che rimproverano coloro che portano i bambini a Lui, si indigna e pronuncia parole che risuonano con forza: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio”.
Questa scena ci invita a considerare la purezza e l’innocenza dei bambini come qualità essenziali per entrare nel Regno di Dio. I bambini rappresentano la fiducia, la semplicità e la dipendenza totale dagli altri, caratteristiche che Gesù esalta come necessarie per accogliere il Regno. Non si tratta di un invito a regredire all’infanzia, ma piuttosto a riscoprire quelle qualità che spesso perdiamo crescendo: la capacità di fidarci, di essere aperti e di accogliere con cuore puro.
Nel passaggio del Vangelo di Marco troviamo diverse considerazioni. «Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono» (Mc 10,13). Il Signore, però, nel Vangelo che abbiamo letto in questi ultimi giorni, L’abbiamo visto farsi tutto per tutti, a maggior ragione, si fa con i bambini. Così, «Al vedere questo s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio» (Mc 10,14).
La carità rispetta un ordine: comincia dal più bisognoso. Chi è, dunque, più bisognoso, più “povero” di un bambino? Tutti hanno diritto ad avvicinarsi a Gesù e il bambino è uno dei primi che deve godere di questo diritto: «Lasciate che i bambini vengano a me» (Mc 10,14).
Badiamo, però, che all’accogliere i più bisognosi, i primi beneficiati siamo noi stessi. Perciò il Maestro avverte: «In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso» (Mc 10,15). E corrispondendo al modo di fare semplice ed aperto dei bambini, «Egli prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro» (Mc 10,16).
Gesù ci insegna che il Regno di Dio non è per i potenti o per coloro che si considerano autosufficienti, ma per chi riconosce la propria fragilità e si affida con fiducia a Dio. Questo richiamo alla semplicità e all’umiltà è un invito a spogliarci delle nostre pretese e delle nostre sicurezze per abbracciare una fede genuina e sincera.
Inoltre, il gesto di Gesù che prende i bambini tra le braccia e li benedice è un segno tangibile dell’amore e della cura di Dio per i più piccoli e i più vulnerabili.
Possiamo accogliere il Regno di Dio con lo stesso spirito dei bambini: con fiducia, apertura e umiltà. È un invito a vivere la nostra fede in modo autentico, riconoscendoci figli di Dio con la consapevolezza di essere segni del Suo amore nel mondo.
Bisogna imparare l’arte di accogliere il Regno di Dio. Chi è come un bambino, come gli antichi “poveri di Jahvè”, si accorge facilmente che ogni cosa è dono, tutto è una grazia. E, per “ricevere” il favore di Dio, bisogna ascoltare e contemplare con “silenzio ricettivo”. Secondo Sant’Ignazio di Antiochia: «E’ meglio star zitti ed essere, che parlare e non essere (…). Colui che possiede la parola di Gesù, può pure, in verità, ascoltare il silenzio di Gesù».