Chi non è contro di noi è per noi.
PRIMA LETTURA: Sir 4,12-22 (NV) [gr. 4,11-19]
Il Signore ama coloro che amano la sapienza.
SALMO: (Sal 118)
Grande pace per chi ama la tua legge.
«In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».
Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».
Mc 9,38-40.
Marco continua imperterrito a raccontare episodi in cui i discepoli fanno brutte figure. Qui si tratta di un problema collegato a quello del potere che i discepoli hanno già sviscerato. Qui si tratta di decidere chi è con noi e chi no, chi ci segue e chi non ci segue.
Anche questo un problema di potere: il potere di decidere dei criteri di inclusione ed esclusione. Giovanni si mostra, nelle parole di Marco, un discepolo zelante, preoccupato che, grazie al successo della predicazione e delle guarigioni, si possano aggiungere ai discepoli anche persone prive delle credenziali.
Giovanni riferisce a Gesù di aver assistito a un tentativo di esorcismo da parte di una persona estranea al loro gruppo. Quella scena ha suscitato nei discepoli una certa preoccupazione fino al punto di pensare di impedirglielo, perché era a loro evidente l’abuso di potere: come si permetteva quel tale di agire in nome di Gesù senza appartenere alla comunità dei suoi discepoli?
L’apostolo ricorda che i suoi compagni, qualche giorno prima, non erano riusciti a scacciare un demonio, pur avendo ricevuto da Gesù tale potere. E questo tale chi crede di essere? Forse ancora brucia quella esperienza e suscita invidia il fatto che un altro riesca a fare ciò in cui loro hanno fallito.
Emerge una mentalità monopolizzatrice del potere, anche quello finalizzato al bene. Il fatto che nelle parole dell’apostolo il noi sia ripetuto tre volte fa capire quale peso abbia il ruolo nella valutazione dei fatti e nel giudizio sulla persona. Loro stessi si auto-eleggono termine di paragone sul quale misurare, valutare e giudicare.
Nel ragionamento di Giovanni s’intravede la critica che spesso serpeggia nelle nostre comunità. Non è forse vero che, spesso, ci permettiamo di dare o revocare patenti di dignità nel compiere un ministero, basandoci solo sui nostri criteri di giudizio?
Gesù ribalta la questione, così come farà nelle controversie con i farisei. C’è qualcuno che possa scacciare i demoni senza di me? O ridare la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, la salute agli storpi? Fatevi avanti. E se nessuno ha questo potere da solo allora deve venire da Dio. Non servono le credenziali a priori, ma i frutti di misericordia. I confini dello Spirito non coincidono con i confini della adesione esplicita alla fede.
La risposta di Gesù spiazza Giovanni, perché non asseconda la loro intenzione, ma invita a vedere le cose dal suo punto di vista. È Gesù il termine di paragone, perché è lui il vero criterio di discernimento delle situazioni! Da qui ne consegue che chiunque faccia del bene, lo compie sempre attraverso di Lui, che misteriosamente lo abita, anche se non è pienamente appartenente alla comunità cristiana.
In altri termini, diremmo che il bene che facciamo possiamo compierlo solo attraverso lo Spirito Santo, che Gesù dalla croce dà a tutti. Il modo con cui Gesù vede quell’uomo e valuta il suo comportamento, giudicato male dagli apostoli, è il modo con cui Dio vede e valuta ciascuno di noi.
Quello che Gesù apprezza non è la forma, ma il bene che possiamo fare, anche se siamo imperfetti. Corriamo il rischio di ricercare la perfezione formale, la correttezza dei modi, e non cogliamo l’essenziale: il bene che Dio opera in noi e attraverso di noi.