Immediatamente la lebbra scomparve da lui.
PRIMA LETTURA: 1Gv 5,5-13
Lo Spirito, l’acqua e il sangue.
SALMO: (Sal 147)
Celebra il Signore, Gerusalemme.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
«Un giorno, mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro».
Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritira- va in luoghi deserti a pregare».
Lc 5,12-16.
Rimanendo in tema di insegnamenti per la nostra vita, eccone un altro mucchietto concentrato nei cinque versetti di Luca offerti dalla Chiesa alla meditazione e alla preghiera odierna. Qual è, nella pericope di oggi, il comportamento di Gesù?
Per il Signore non ci sono persone “che puzzano”. All’epoca i lebbrosi non profumavano davvero e chi si fosse avvicinato a loro, oltre che incorrere nelle tagliole legali, probabilmente sarebbe stato preso per matto, tanto per cominciare. Il lebbroso, già contravvenendo ai suoi obblighi di persona impura, si avvicina e Gesù non lo scaccia. Lo purifica ma, soprattutto, lo tratta da persona e non da figura imbarazzante.
Il termine lebbra nel linguaggio biblico comprende varie tipologie di malattia della pelle. L’epidermide è la soglia che mette in comunicazione l’esterno con l’interno del corpo, la parte interiore e invisibile della persona con quella visibile. La malattia della pelle era considerata contagiosa, come il peccato, che è pericoloso non solo perché aggredisce la persona ma anche chi entra in contatto con essa.
La lebbra era considerata come l’atto di accusa di Dio scritto sulla pelle, in modo che tutti fossero consapevoli del peccato e si mantenessero a debita distanza da esso. Si comprende allora perché il lebbroso preghi di essere purificato, cioè di essere perdonato. La lebbra, come appunto il peccato, è un male che solo Dio può sanare. La legge dell’Antico Testamento, che faceva divieto di toccare un lebbroso, esprimeva una verità che spesso oggi non è accolta: esiste il peccato, cioè il male generato dai pensieri, parole e azioni erronee.
Il lebbroso chiede a Gesù di purificarlo, cioè di aiutarlo a riallacciare la relazione con Dio. Gesù viene incontro ad ogni uomo proprio per questo! La compassione che Gesù prova per quell’uomo gli permette di passare dalla pelle di quell’uomo, in cui era scritta la denuncia del suo peccato, al suo cuore che mendicava aiuto nel ricominciare ad amare Dio e i fratelli.
La guarigione può avvenire solo se si chiede aiuto e lo si accetta. Non si tratta di un male congenito, ma di una drammatica omissione nella scelta della relazione vitale con Dio. Chi si chiude alla relazione con Dio non trasgredisce tanto un comando esterno, ma si procura un male che si riverbera nelle relazioni con gli altri. Se l’origine del male è chiudersi alla relazione di aiuto, la terapia inizia col chiedere aiuto nella relazione con Dio e con i fratelli.
Al contrario di quello che dice Marco e Matteo, Gesù non tocca il lebbroso, ma con la parola gli comunica la volontà. La Parola è il mezzo attraverso cui la misericordia trasforma colui che soffre a causa del peccato in un uomo libero dal male e gioioso nel compiere il bene. Non attraverso il contatto fisico, ma mediante la parola, Gesù condivide la sua vita, lo Spirito Santo che lo unisce al Padre in una relazione di amore che dà pace.
Parlare è più che dare! Gesù, entrando in contatto spirituale con quell’uomo, non gli dona qualcosa che poi potrà perdere, ma, purificandolo, cioè perdonandolo, lo introduce nell’amicizia con Dio, che non perderà mai fino a quando non sarà lui stesso a rifiutarla di nuovo. La Parola di Gesù è più efficace della Legge che infatti non può salvare ma solamente certificare il peccato o orientare un percorso di vita attraverso cui la salvezza diventa testimonianza dell’amore di Dio.
Dopo la purificazione, Gesù invita il lebbroso ad ottemperare ad una prescrizione della legge Mosaica. Il Signore non è venuto ad abolire ma a dare compimento (Mt 5, 17); e apostrofando i Farisei, in altro punto del Vangelo, afferma che “Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle” (Lc 11, 42), cioè praticare la giustizia di Dio senza dimenticare obblighi che comunque servivano a regolare e ad orientare per il bene la vita degli uomini.
Quando folle numerose vengono per ascoltarlo, Gesù non prepara un palcoscenico sopra-elevato per essere meglio ascoltato ed ammirato. Si ritira invece a pregare, in disparte, fuori dalla luce dei riflettori.
È forse sbagliato leggere, nel comportamento di Gesù, un invito alla vicinanza ai fratelli, soprattutto quelli che stanno “alla periferia”? A dare il primato delle cose di Dio riservando però una giusta attenzione all’onestà e al rispetto delle leggi che regolano la convivenza civile? Ad abbandonare qualsiasi forma di protagonismo (anche nella Chiesa) e a preoccuparci piuttosto di “rivedere sempre tutto” nel dialogo intimo con Dio?
Oggi abbiamo una grande responsabilità nel fare che la «sua fama» (Lc 5,15) continui ad estendersi, specialmente, tra quelli e quelle che non lo conoscono o che, per diverse ragioni e circostanze, se ne sono allontanati.
Ma questo contagio non sarà possibile se prima, non siamo stati capaci di riconoscere le nostre proprie “lebbre” particolari e di avvicinarci a Cristo, coscienti che solo Lui ci può liberare efficacemente da tutte le nostre invidie, egoismi, orgogli e rancori…
Che la fama di Cristo si estenda a tutti gli angoli della nostra società dipende, in gran parte, dagli “incontri particolari” che abbiamo avuto con Lui. Quanto più intensamente ci impregniamo del Suo Vangelo, del Suo amore, della Sua capacità di ascoltare, di accogliere, di perdonare, di accettare l’altro (per diverso che sia), saremo più capaci di farLo conoscere al nostro intorno.
Il lebbroso del Vangelo, che oggi leggiamo nell’Eucaristia, è qualcuno che ha fatto un doppio esercizio di umiltà. Quello di riconoscere qual è il suo male e quello di accettare Gesù come suo Salvatore. Cristo è chi ci dà l’opportunità di realizzare un cambio radicale e profondo nella nostra vita. Dinanzi a tutto quello che c’impedisce di amare e si è incistato nei nostri cuori e nella nostra vita, Cristo, con il testimonio della Sua vita e della Vita Nuova, ci propone una alternativa assolutamente reale e possibile. L’alternativa dell’amore, della tenerezza, della misericordia. Gesù, davanti a chi è diverso da Lui, (il lebbroso), non scappa, non se lo toglie di mezzo, non lo “fattura” a un ente pubblico. Cristo accetta la sfida dell’incontro, e, all’“ammalato” gli offre quello di cui ha bisogno, guarigione/purificazione.
Noi dobbiamo essere capaci di offrire a quelli che si avvicinano alle nostre vite, quello che abbiamo ricevuto dal Signore. Però, prima, sarà necessario averci incontrato con Lui e rinnovare il nostro impegno di vivere il Suo Vangelo nelle piccole cose di ogni giorno.