Se vuoi, tu puoi purificarmi.
PRIMA LETTURA: 2Re 25,1-12
Giuda fu deportato dalla sua terra.
SALMO: (Sal 136)
Mi si attacchi la lingua al palato se lascio cadere il tuo ricordo.
Oppure:
In terra d’esilio leviamo il nostro canto.
«Quando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì.
Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi».
Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita.
Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».
Mt 8,1-4
Oggi, il Vangelo ci mostra un lebbroso, pieno di dolore e consapevole della sua malattia, e che viene a Gesù chiedendo: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi» (Mt 8.2). Anche noi, vedendo così vicino al Signore e tanto lontana la nostra testa, i nostri cuori e le nostre mani del suo progetto di salvezza, dovremmo sentirci ansiosi e in grado di fare la stessa espressione del lebbroso: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi» (Mt 8.2).
Gesù ha appena finito di parlare alla folla che si era radunata attorno a lui sul monte e subito gli si avvicina un lebbroso. La parola di Dio tocca il cuore dei più poveri, soprattutto di quelli che rifuggono dalla equazione per la quale malattia uguale punizione di Dio.
Il Vangelo apre una breccia in quel sistema di regole nelle quali corriamo il rischio di rinchiudere la giustizia e che spesso diventa una cortina che crea separazione e discriminazione. La preghiera del lebbroso allarga ancora di più quell’apertura che la parola di Gesù ha operato dentro di lui. La preghiera è la voce della speranza. Il lebbroso è senza nome ad indicare il fatto che ciascuno può sentirsi rappresentato, soprattutto quando la propria vita sembra frantumarsi come la carne dell’infermo.
Invece di chiudersi nel suo dolore e subire l’isolamento il lebbroso osa avvicinarsi e rivolgere una preghiera così pregna di umiltà e fiducia. Nella sua brevità è una preghiera perfetta perché da una parte si rispetta la volontà e la libertà dell’altro e in secondo luogo si esprime la fiducia non basata suoi propri meriti ma sulla bontà di Dio.
Non è messa in dubbio né l’intenzione di Gesù né la sua capacità di guarirlo, ma dicendo «se vuoi» il lebbroso antepone al suo desiderio di purificazione la volontà di Dio. Se la lebbra come malattia del corpo è quasi universalmente debellata quella dello spirito invece è ancora presente e si manifesta drammaticamente in quei conflitti nei quali si arriva a mordersi e a sbranarsi tra fratelli.
Potremmo avere una pelle curata, liscia e profumata, ma conservare nel cuore, come in una tomba, i pensieri giudicanti che consumano interiormente. Il gesto di Gesù, che rifugge ogni clamore e ostentazione, non mira solamente alla guarigione del corpo ma soprattutto ad integrarlo insieme all’anima e allo spirito.
Sempre più spesso capita di sentirsi frantumati dentro, incapaci di rimettere insieme eventi, emozioni, pensieri, sentimenti che appaiono come pezzi di un vaso rotto. La vita spirituale, esperienza della riconciliazione operata da Dio, ci aiuta a riconciliarci con noi stessi per divenire nel mondo testimonianza veritiera della misericordia di Dio.
Tuttavia, si impone una domanda: Una società che non ha coscienza del peccato, può chiedere il perdono del Signore? Può chiedere purificazione? Tutti conosciamo molte persone che soffrono e il cui cuore è ferito, ma il suo dramma è non sempre sono coscienti della loro situazione personale. E invece, Gesù va oltre noi, giorno dopo giorno (cfr Mt 28,20), e si aspetta la stessa richiesta: «Signore vuoi…» (Mt 8.2)., se Però, dobbiamo anche collaborare. Sant’Agostino ce lo ricorda nella sua dichiarazione classica: «Colui che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te». E ‘quindi necessario essere in grado di chiedere al Signore di aiutarci, che vogliamo cambiare col suo aiuto.
Qualcuno potrebbe domandarsi, perché è così importante rendersi conto, convertirsi e voler cambiare? Semplicemente perché, altrimenti, non saremmo in grado di dare una risposta affermativa alla domanda precedente, in cui abbiamo detto che una società senza coscienza di peccato difficilmente sentirà il desiderio o la necessità di cercare il Signore per fare la sua richiesta di aiuto.
Così, quando arriva il momento per il pentimento, il momento della confessione sacramentale, è preciso eliminare il passato, dei mali che infettano il nostro corpo e la nostra anima. Non abbiamo alcun dubbio, chiedere perdono è un grande momento di iniziazione cristiana, perché è il momento nel quale la fascia cade dai nostri occhi. E se qualcuno è a conoscenza della sua situazione e non vuole convertirsi? Dice il famoso proverbio: «non c’è peggior cieco che quello che non vuol vedere».